Treccani.it
27 ottobre 2014
"Don Chisciotte e gli aspiranti scrittori"
di Antonio Armano

Cultura

27 ottobre 2014

Don Chisciotte e gli aspiranti scrittori

Antonio Armano

“Ogni scartafaccio è bello a mamma sua”. Il detto napoletano si può applicare anche al campo della narrativa sostituendo lo scarrafone, o scarafaggio, con lo scartafaccio cioè il manoscritto, la maternità biologica con quella letteraria, la carne con la carta. La capacità di giudizio nei confronti dei propri scritti viene offuscata come quando si tratta di giudicare dei propri figli. E tanto più mediocre è un autore – o aspirante tale - tanto l'offuscamento è maggiore.



La regola di buon senso viene espressa dal pazzo più famoso della storia della letteratura, vale a dire Don Chisciotte, che alterna discorsi saggissimi a monologhi folli. Il macilento 'cavaliere dalla trista figura' ha appena dimostrato un coraggio inaudito sfidando un terribile leone ingabbiato ad Algeri e diretto alla corte del re... Si è così guadagnato il soprannome di 'cavaliere dei leoni', di certo meno malinconico. L'episodio è di gran lunga più esilarante di quello dei mulini a vento, più famoso – quest'ultimo - forse perché immaginifico e immediatamente contestualizzabile nel paesaggio della Mancia.
Don Chisciotte incontra il corteo che sta trasportando i leoni in gabbia e si mette in testa di sfidarli. Non vuole semplicemente dimostrare coraggio ma individua nelle fiere africane il simbolo dell'arroganza animale: il cavaliere errante difatti si cimenta in imprese non solo difficili e rischiose ma anche nobili, che rispondono a una logica cavalleresca. Non per niente i giganti, simbolo dell'alterigia e del sopruso, sono tra i bersagli preferiti. Indossa quindi l'elmo, dopo avere bloccato il corteo e spiegato le proprie intenzioni. Peccato che Sancho Panza lo abbia usato per metterci una ricotta appena comprata. Don Chisciotte non lo sa e quando sente una roba fresca spiaccicarsi dentro l'elmo, mentre lo indossa, pensa che gli sia andato in pappa il cervello. Il siero gli cola in faccia ma non desiste. Intima che la gabbia venga aperta. Inutile cercare di dissuaderlo. Tutti cercano di nascondersi perché hanno paura di essere sbranati. Il leone esce, si fa un giro fuori dalla gabbia, sbadiglia annoiato guardando Don Chisciotte, e torna dentro mostrandogli le terga in segno di indifferenza. A questo punto il coraggioso hidalgo intima al guardiano di farlo uscire ma l'uomo riesce a convincerlo a lasciar perdere.
Diventato 'il cavaliere dei leoni', Don Chisciotte viene invitato a pranzo da Don Diego di Miranda, 'il cavaliere dal verde gabbano', che ha assistito alla scena. Don Diego è preoccupato per le inclinazioni letterarie del figlio Lorenzo. Don Chisciotte fa un discorsetto al giovane, spiegandogli appunto che se vuole arrivare sulla cima della gloria, percorrendo il sentiero stretto della poesia, deve lasciarsi 'guidare più dall'opinione altrui che dalla propria, poiché non vi è padre o madre a cui i figli sembrino brutti, e in ciò che è figlio del nostro ingegno l'inganno è più frequente'. Lorenzo legge alcuni versi da lui stesso composti. L'hidalgo lo loda. E nonostante sia considerato da tutti pazzo, il ragazzo non può fare a meno di convincersi perché nessuno può resistere agli elogi, da chiunque provengano.
L'altro consiglio, se ambisce a un premio, se partecipa a una tenzone letteraria, è quello di puntare al secondo non al primo posto: 'cerchi vossignoria di prendere il secondo premio, perché il primo si dà sempre per favoritismo o per la nobiltà della persona, mentre il secondo va al merito vero: così il terzo sarà secondo e il primo sarà terzo, come succede nei concorsi universitari'.
Ancora oggi non è cambiato nulla ammesso che, senza favoritismo o fama – corrispondente della nobiltà di allora –, sia possibile arrivare in terna in un premio letterario di una certa importanza. Non è cambiato nulla dai tempi in cui l'autore di Don Chisciotte si arrabattava per scrivere rubando il tempo a occupazioni di varia natura. Cervantes parla di poesia ma bisogna considerare che la predominanza del romanzo - insomma la prosa - è vicenda ben più recente cui lo stesso scrittore ha contribuito scrivendo quello che è considerato il capostipite moderno del genere. In altri punti del Don Chisciotte si sofferma a ragionare sulla carriera del letterato: la povertà, i disagi, la fame, mitigati ogni tanto da un invito a pranzo dove si sfogherà un appetito enorme perché arretrato, forse la ricchezza ma solo in un secondo tempo, e se la fortuna aiuta. La fortuna non lo ha aiutato. Cervantes ha scritto la prima parte all'inizio del XVII secolo e la seconda dieci anni dopo, in quanto un certo 'Licenciado Alonso Fernández de Avellaneda' aveva fatto uscire un 'sequel' con intenti parodistici. Tutti conoscono le avventure e disavventure dell'autore, fuggito in Italia per evitare che gli venisse tagliata la mano destra in seguito a un duello, ha combattuto nella battaglia di Lepanto perdendo la sinistra, è stato prigioniero ad Algeri e in patria, sempre a corto di denaro, in ultimo sospettato di omicidio a causa del ritrovamento del cadavere di un uomo vicino alla sua abitazione. Sospetto legato alla moralità della figlia o delle sorelle...
Il prologo della prima parte del Don Chisciotte – uscita nel 1605 – è una continua professione di umiltà, ma anche una dichiarazione di poetica dell'umiltà (Il soldato che ci insegnò a parlare è il titolo di un saggio sul tema): la storia che l'autore sta per narrare è semplice e alla buona, manca di tutte quelle citazioni e note a piè di pagina che infiorettano i libri più sofisticati, cioè pretenziosi e artefatti. Una mancanza dunque che sembra convertirsi in un qualcosa di positivo anche se all'epoca nessuno poteva accorgersene. L'intento del libro è quello di opporsi alla moda dei libri di cavalleria, di dimostrare quanto siano idioti, e anche in questo uscire dal gregge si potrebbe cogliere un esempio da tenere in considerazione. Gli aspiranti scrittori sono difatti soggetti alle mode del momento e i manoscritti che arrivano alle case editrici ricalcano nella maggioranza le tendenze letterarie in voga: il poliziesco, le cinquanta sfumature di grigio o gli adolescenziali cento colpi di spazzola – con tentativi di imitazione scritti da attempati signori in pensione –, a seconda del tempo e del luogo ... Oltre alle numerose ristampe di Don Chisciotte segnaliamo l'ottimo audiolibro di Recitar leggendo, con la voce di Claudio Carini. Come spiega brutalmente iTunes, sono 128 capitoli per 1.6 giorni di ascolto. Non trattandosi di decimali la virgola tra l'uno e il sei non ci vorrebbe ma questo è un discorso da pedanti. Un giorno e mezzo di lettura o poco più sono la dimensione temporale di questo classico della letteratura mondiale che in realtà è frammentato in brevi capitoli che durano da un minimo di cinque minuti a un massimo di tre quarti d'ora di lettura... I due capitoli che riguardano i leoni sono nella seconda parte: il XVII ('Dove si dimostra l'ultimo ed estremo punto a cui giunse e poté arrivare l'inaudito animo di Don Chisciotte con l'avventura dei leoni, condotta a fortunato fine') e il XVIII ('Di quello che avvenne a Don Chisciotte nel castello, o casa, del Cavaliere dal Verde Gabbano, con altri straordinari avvenimenti').


© Riproduzione riservata    

Indirizzo Articolo originale